CHO® Elga Corricelli

Laura Torretta

Elisabetta Dallavalle

La trasformazione della consulenza in un modello ecopositivo

CHO® Elga Corricelli, Laura Torretta, Elisabetta Dallavalle | Elehub

Chi sono Elga, Elisabetta e Laura e cosa fa EleHub?

Siamo tre donne, tre professioniste con un amore per le persone e per il loro benessere, dai forti valori morali e personali e una elevata predisposizione al sociale. Nelle nostre singole realtà organizzative abbiamo vissuto un sistema consulenziale, interno ed esterno, composto da soluzioni standard e spesso incapaci di portare veri cambiamenti nelle organizzazioni e positività nelle persone. Uscite dalle realtà complesse, dove abbiamo operato con una grande esperienza complementare, insieme, abbiamo cercato una soluzione innovativa, solida ed efficace per accompagnare le organizzazioni in un cambiamento necessario.

Nasce da qui EleHub, HUB trasformativo di competenze, esperienze e valori per accompagnare i sistemi e le organizzazioni nell’evoluzione verso la positività. 

ELGA. Sono una donna curiosa e una madre impegnativa! Ho una carriera all’insegna del cambiamento e dell’innovazione: da giornalista a publisher, da manager a imprenditrice. Da Board member e COO a imprenditrice, di nuovo. Da 2 anni coach, consulente di human trasformation e oggi anche CHO. Da sempre appassionata di persone, comunicazione e relazioni, di engagement ed empowerment, offro le mie competenze e le mie relazioni internazionali per co-creare sistemi umani: positivi, sostenibili, innovativi e contaminanti, basati sulla self awareness e sulla felicità.

LAURA. Sono una genovese doc, amante del sole e appassionata da sempre di sistemi e relazioni. Per i primi 25 anni mi sono dedicata al change management delle funzioni commerciali dalla prospettiva della Business Line, attraversando PMI e Multinazionali. Da 9 anni ho trovato un nuovo senso: lo sviluppo sostenibile del mondo del Lav-Oro grazie all’inclusione evolutiva di persone e organizzazioni. Nel nuovo destino professionale attivo e integro diversi ruoli emergenti: CHO e Genio Positivo, Counselor Sistemico Relazionale, Business Coach, Innovation manager.

ELISABETTA. Classe 1966, moglie e mamma di Francesca e Giulia. Grande appassionata di relazioni umane, con una spiccata capacità di impegnarsi nei sistemi sociali. Grazie a questo proposito ho scelto di indirizzare la mia crescita personale e professionale nell’ambito del benessere della persona e delle organizzazioni. Prima tra le Welfare Manager in Italia, mi distinguo in questo ambito arrivando ad occuparmi del Benessere della Persona come Responsabile del Dept. Inclusion & Wellbeing di una importante multinazionale dove ho progettato, guidato e sostenuto la strategia di Welfare Aziendale, Inclusione & Benessere e di Conciliazione Vita – Lavoro.

Com’è nato il vostro prototipo?

Come professioniste abbiamo vissuto nelle aziende per oltre 25 anni con vari ruoli, in differenti mercati, concentrate da sempre su risultati sfidanti. ELEhub: questa la nuova realtà positiva nata da Elga, Laura, Elisabetta ha lo scopo di dare vita ad una nuova proposta di consulenza di trasformazione positiva.

ELEhub è  fiorita da pochi mesi con l’energia del CHO e sta contaminando le organizzazioni, proponendo un vero cambiamento culturale.

Nel  percorso di carriera precedente abbiamo incontrato molti leader, moltissimi collaboratori, persone di tutte le età, alcuni mentori e guide, con background di ogni genere e da tutti loro abbiamo  imparato. Oggi unite in ELEhub cerchiamo di portare il nostro valore e di proporre sempre la nostra unicità, forti di competenze solide in continua evoluzione.

Tutte noi abbiamo scoperto, ognuna nella propria realtà, una voglia incredibile di pensare alle persone prima che ai processi, di aiutare gli individui ad ESSERE prima che a FARE, di guardarli nel rispetto del loro ciclo di vita.

Con queste consapevolezze e dopo numerosi percorsi di  crescita personale abbiamo deciso di lasciare le rispettive organizzazioni e provare ad aiutare più organizzazioni e aziende nella loro trasformazione, costruendo progetti di Positività per il Ben-Essere delle persone. Cosi, dopo aver visto e testato da manager interni la consulenza, abbiamo iniziato ad agire il Ben-essere nell’accompagnamento consulenziale dei clienti. Sappiamo di avere un grande valore ed esperienza da condividere, unite ad un’attenzione all’essere umano  e alla sua felicità e un ottimo metodo di accompagnamento alla trasformazione. In un mondo del lavoro sempre più flessibile, con confini sempre più labili e in piena metamorfosi, dove il benessere delle persone non è sempre prioritario rispetto ai risultati di business, vogliamo fortemente riattivare il circuito della positività all’interno delle organizzazioni.

Nello specifico vogliamo portare un nuovo sguardo alle interazioni tra sistemi interni ed esterni.

Per anni, abbiamo cercato di portare una visione sistemica di reti e partnership per rendere sostenibile questa diversa relazione ma solo incontrandoci e ritrovandoci all’interno del percorso CHO abbiamo creato la chimica positiva e alimentato l’energia per sviluppare un nuovo business model di partnership generativa di trasformazione positiva. Da qui l’idea prototipo per ELEhub:  un nuovo sistema di tre donne co-founders, un centro di co-generazione di servizi sostenibili,  un abilitatore  di soluzioni di trasformazioni positive di valore per il mercato,  un sistema vivente di competenze, abilità, esperienze, interne ed esterne al cliente.

ELEhub ascolta e co-progetta la positività scegliendo  insieme a chi vive le aziende, la migliore strategia e il piano d’azione che rispecchino l’unicità dell’organizzazione stessa: il suo proposito, i suoi valori, i talenti delle persone che la abitano.

Abbiamo l’intenzione di immaginare una trasformazione positiva della consulenza e dei consulenti che la sostengono: una organizzazione positiva con persone positive che guardano fuori e creano contatto relazionale positivo con i clienti, che ricercano il miglioramento continuo nello stile personale, professionale ed organizzativo per co-creare un ecosistema esteso sostenibile dove la felicità è una competenza che tutti i giorni viene allenata e ricercata. Ma di quale felicità stiamo parlando?

Intendiamo la felicità secondo la sua radice più profonda, sanscrita, da cui il greco produco, faccio, essere, genero e all’etimo latino come fecondo, fertile ed in senso più lato, soddisfatto, appagato. 

ELEhub è quindi un vero laboratorio di soluzioni felici e innovative. Moltissimi ingredienti da dosare e mixare tra di loro e con la giusta accelerazione la materia si trasforma in  energia pura, pronta a muovere il sistema  e a trasformarsi nuovamente in preziosissima miscela generativa.

In generale, dopo la certificazione, come avete rivisto il vostro contesto professionale, quali i primi spunti, idee e pensieri avete maturato?

Eravamo tutte e tre in viaggio, chi da più tempo fuori dall’azienda, chi da meno tempo ma già in crisi rispetto alla sostenibilità dei modelli vigenti. Ci siamo ritrovate a Milano, tre donne con vite diverse e molti tratti comuni. Ci siamo scoperte un po’ alla volta, aprendoci alla nostra vulnerabilità e ai nostri desideri. Abbiamo iniziato a riflettere insieme, tre professioniste con esperienze dai tratti complessi e non sempre in linea con i modelli tradizionali, alla ricerca di un posto dove poter far fiorire e rifiorire i propri propositi. Abbiamo creato un sistema dove poter capitalizzare il passato e riprogettare il futuro alla luce delle nuove competenze sviluppate all’interno del CHO.

Abbiamo deciso che l’energia positiva ci aveva fatte convergere su un proposito comune, che avrebbe potuto essere un prototipo comune, che è diventato ora un progetto professionale comune…verso una società comune nel  2020!

I primi passi? Abbiamo prima di tutto deciso di creare un sistema positivo allineando i nostri valori e talenti, identificando  un purpose comune. Abbiamo co-costruito il nome e la proposta di ELEhub e solo dopo aver fatto questo, ci siano concentrate sullo sviluppo del  prototipo.

Qual è stato l’innesco che ha dato il là al prototipo?

Abbiamo iniziato a fare educazione, diffondere e  proporre lo sviluppo di org+, ci siamo rese conto fin dai primi incontri tra di noi e con i clienti che il modo con cui insieme eravamo partner generative di trasformazioni positive aveva dei differenziatori importanti e tangibili. Stavamo sperimentando in modo autentico un nuovo modello di business e valeva la pena renderlo un possibile sistema replicabile, profondamente convinte che questa modalità possa portare vantaggi sostenibili a tutti gli interlocutori e a tutti i livelli-dimensioni del sistema.

Per noi va superata la dicotomia Business e Persone, Produttività e Benessere, hard e soft, digital e human… e ogni altra separazione si sia prodotta e stratificata nei vari sistemi sociali. 

È importante che il sistema diventi un unicum, un fluido positivo che contamina dall’interno anche l’ambiente esterno, che dai collaboratori arrivi ai fornitori, ai clienti, agli stakeholder e alle famiglie di tutti e, ricco degli stimoli positivi di tutte le persone, torni ad arricchire il sistema azienda. Una linfa che lentamente scorre e nutre il terreno che attraversa. Sin da subito l’abbiamo sentito come un nuovo corso, la nuova storia che permette di cambiare il paradigma per sostenere il cambiamento culturale.

A chi è rivolto il vostro prototipo?

Il primo target è stato proprio ELEhub, un HUB di professioniste indipendenti alla ricerca di un modello organizzativo e di business. Il primo passo è stata l’elaborazione di un modello pilota di colloquio conoscitivo e format successivo di raccolta bisogni e “as is”,  a cui fa seguito un report di stimolo e co progettazione di primi passi di cambiamento.

Il secondo target sono le società di consulenza e di servizi per transitare da un modello tradizionale ad un modello positivo. Stiamo sperimentando una media e una grande dimensione.

Abbiamo iniziato una collaborazione con una major che volendo portare questa soluzione ai propri clienti ha condiviso la coerenza di sperimentare sui propri team i principi ecosostenibili della Scienza del Sé e della Scienza della Felicità. Principi secondo i quali bisogna dare l’esempio per essere credibili,  partendo prima da sé stessi, per poi estendere la positività al team e diffonderla al sistema. Stiamo procedendo con un pilota.

Il nostro prototipo si rivolge a tutte le organizzazioni di qualsiasi dimensione, private, pubbliche, profit e non profit, educative e scolastiche.  L’evoluzione in organizzazione positiva può essere sia di una multinazionale sia di una startup, il valore sulle persone che abitano le organizzazioni è identico, lo sforzo è simile, il passo trasformativo è legato all’energia della società non alla dimensione della stessa.

Il prototipo vede noi tre Chief Happiness Officer essere di supporto alle persone  che nelle aziende già si occupano di persone, offrendo un nuovo modello di accompagnamento. Se dovessimo definire  il contesto di appartenenza di ELEhub potremmo indicare il mondo della consulenza e della formazione.

Lo scopo? Poter proporre un nuovo modello di relazione positiva diffusa per il partner/cliente; co-costruire la miglior proposta aprendosi alla ricerca di soluzioni di senso per l’unicità dell’azienda, che vanno ricercate con cura oltre i confini visibili. Il mix finale è l’integrazione di ciò che di solido già esiste con ciò che può essere innestato di nuovo. Allo stesso tempo il sistema richiede un cambiamento di prospettiva anche da parte del cliente stesso: vedere oltre il fornitore, riconoscere il partner con cui effettuare un viaggio trasformativo. Il contesto è in grande cambiamento e abbiamo raccolto la voce di diversi stakeholder.

Quali sono i principali modelli mentali, organizzativi, culturali che avete rilevato nel vostro contesto e che tipo di effetti stanno producendo?

Abbiamo ‘guardato fuori’ e raccolto una serie di elementi da osservatori del settore locali e internazionali a sostegno della necessità del cambiamento nella direzione da ipotizzata da ELEhub.

Vediamo ricorrente la proposta di soluzioni consulenziali che si focalizzano sulle parti hard della bussola organizzativa (strategia, ruoli, processi, sistemi di gestione, tecnologia…) e trascurano la parte soft più delicata che coinvolge le persone (cultura, apprendimento, relazioni, motivazione…).

Condividiamo alcuni modelli mentali e dati per leggere la situazione attuale, il tempo passa ma i temi restano gli stessi  

Fonte: ascolto informale di collaboratori di società di consulenza (noi comprese)

Abbiamo raccolto le affermazioni dei collaboratori di società di consulenza, servizi e formazione. La pressione e l’ansia da prestazione sono arrivati come forte preoccupazione, la voglia di fare e stare meglio è presente e tangibile

La metafora citata più ricorrente da manager e collaboratori è quella di essere “criceti sulla ruota” o “frullati in una lavatrice”. La sensazione diffusa è che non ti puoi sottrarre, la carota è quella per cui potresti scalare la montagna ma i posti sono pochi e la fatica tanta! La rotazione dei collaboratori è alta…. molti millennials e tanta voglia di esprimere il proprio talento e trovare un senso, molti manager sotto pressione e poco tempo per il benessere oltre il welfare.

Questi sono alcuni limiti che ci fanno riflettere sullo sviluppo di felicità, positività, chimica del NOI rispetto alla diverse posizioni che ricopri nelle organizzazioni:

Se sei dietro le quinte subisci il brief di un collega commerciale o account che spesso non sa ascoltare il cliente, nella fretta ascolta solo alcuni stakeholder, porta più confusione che certezze e ti lascia in balia di una progettazione con tempistiche irrispettose.

Se sei davanti front end spesso ti destreggi tra voglia di ascoltare il cliente e comprendere a fondo il fabbisogno ma sei stretto dalla ansia da prestazione, dalla pressione dei  numeri di budget e dalla gestione di una agenda affollata che conteggia ogni respiro nel margine della commessa.

Sei sempre di corsa, lasci le cose a metà e le riprendi infinite volte essendo pressato da gare, clienti, colleghi, manager, partner, fornitori, progetti e scadenze.  Troppi progetti in parallelo, overload e silos di specializzazioni e servizi all’interno dei quali si rischia di perdere la visione unica del cliente.

Vorresti coprogettare per dare un senso al tuo lavoro ma sei sempre solo o rincorri una manciata di minuti per poter condividere la tua idea e spesso non riesci a far emergere cosa sarebbe meglio per il cliente.

Raramente è chiaro cosa fare, manca il tempo di ascoltare e condividere, tanto ci sono tutti i tool di digital collaboration perfetti e all’ultimo grido tecnologico peccato che di ‘social’ ci sia ben poco e tutto avviene in modalità asincrona e asettica.

Spesso si rischia di proporre al cliente centinaia di slides affollate di teorie, tutti sanno che serve praticità e pragmaticità, troppo spesso non c’è tempo di sintetizzare le best practices da raccontare e si fa prima a dire cosa bisogna fare;  prevale l’arroganza del ‘so tutto io’ con molto ego e poco eco e il cliente rimane smarrito.

Nonostante le neuroscienze abbiano dimostrato che il multitasking fa perdere attenzione e consumare più energie, si perde il contatto con le proprie esigenze di ben-essere e si è per molto tempo distratti, al punto di guidare parlando al telefono mentre si azzanna un panino  e si cerca di scrivere un appunto sul tablet.

Dobbiamo fatturare giornate lavoro, il pricing è fissato dobbiamo rispettare il budget poiché la nostra remunerazione dipende da questo

Lavoriamo in team sempre diversi senza possibilità di integrarci e stabilire un patto di funzionamento.

Ho vincoli burocratici, attuativi che non posso non considerare e/o sottovalutare.

Fonte: ascolto informale clienti (noi comprese) 

Ascoltare i clienti è fondamentale per avere un contesto reale di costruzione, oggi più che mai l’innovazione e la trasformazione sono proposte e gestite da consulenti ma il cliente anche quando soddisfatto del risultato organizzativo sente la mancanza di una vera collaborazione. Queste le affermazioni che ci hanno fatto riflettere.

Sembra che tutto abbia un prezzo e vada conteggiato, si sente la rigidità del conto economico non sembra un win win, non c’è trasparenza.

C’è sempre una sensazione di frettolosità, va bene la velocità ma non la superficialità.

Una volta che il pesce (cliente) ha abboccato magari con un parterre di consulenti senior si è lasciati con referenti junior che spesso non hanno chiaro come procedere.

La sensazione è di distanza emotiva, poca empatia e non ci si sente veramente allo stesso tavolo per gli stessi obiettivi.

L’impressione è quella per cui viene venduto quello già pronto, va bene esperienze e metodi ma l’ascolto e l’esplorazione del bisogno, la capacità di vedere l’unicità e diversità di ogni organizzazione e persona referente è importante.

Spesso si pongono come ‘arrivati’ sui temi che trattano ma spesso non li hanno implementati neppure al loro interno.

Troppa sicurezza sul fatto che ci sarà una ricetta magica per risolvere tutti i problemi e la loro è sempre la migliore, manca umiltà e capacità di estender la rete o proporre integrazioni utili nel caso specifico.

Le attività pensate dalle aziende per le persone spesso non riscuotono il successo aspettato e il grado di engagement desiderato. Si ascoltano davvero i bisogni delle persone o si propongono modelli già collaudati e comodi?

Spesso non vedo un partner ma un totalizzatore di ore e soluzioni ogni richiesta ha un prezzo specifico mi devo limitare se devo rispettare un budget

Mi sembra di non imparare mai nulla, non riesco ad integrare innovazione e soluzioni, sono sempre dipendente dal consulente

Fonte Osservatorio sul Change Management Assochange

La principale richiesta di consulenza riguarda tutto quanto ruota intorno alla trasformazione digitale  come driver del cambiamento.

Per diventare ‘be digital’  e ‘go digital’: si è partiti dall’efficientamento dei processi produttivi, si stanno introducendo nuovi modelli di business e interazione con clientela e mercati, si sta affrontando la trasformazione digitale dell’organizzazione

Si registrano alcuni comportamenti virtuosi che sembrano dare alle aziende la possibilità di compiere un salto in avanti nel raggiungimento degli obiettivi: “ agile approach” e “ engagement” delle persone.

Si rileva l’attenzione all’applicazione  di metodologie strutturate di change management che: gestiscono in modo mirato le varie tipologie di stakeholder, includono iniziative di engagement e formazione,  osservano gli impatti operativi di processo e organizzativi, monitorano le variabili coinvolte per attivare correttivi tempestivi, verificano i risultati di adozione del cambiamento verso il to be.

Fonte: Analisti internazionali sui progetti di trasformazione digitale 

Il 56% delle aziende ha un progetto di innovazione e cambiamento in corso (Forrester) ma Il 70% dei progetti fallisce, non raggiunge i risultati ipotizzati (McKinsey.)

Il cuore dei fallimenti non è la tecnologia ma le persone: comportamento che non supporta e resistenza al cambiamento (Deloitte).

Le aziende che integrano correttamente la digital transformation con le persone guadagnano fino al 26% in più (Accenture).

Fonte:  Osservatorio Digital Innovation del MIP Milano  

Il 62% dei progetti fallisce, se coinvolgo le persone  il successo sale dal 32% al 59%.

Deve coinvolgere le persone: non sono a bordo! Deve attivare un forte cambiamento culturale verso un dna digitale, cambia  il modo di lavorare, deve supportare le persone a mettersi in gioco, deve creare il senso di urgenza senza diffondere paura e  creare frustrazione e l’abbandono, deve dare stimoli positivi, deve generare senso e direzione, ingaggio e inclusione.

Fonte: Gruppo di Esperti MISE – Estratto da Proposte per una strategia italiana per l‘AI 

È necessario che l’intera popolazione sia esposta a iniziative formative per evitare il nascere di un nuovo digital divide con effetti pregiudizievoli per la coesione e l’inclusione totale»
«Di vitale importanza investire nello sviluppo di competenze digitali e cognitive socio comportamentali»

Fonte: Assoconsult – Associazione delle imprese di consulenza di management di Confindustria- estratto da Osservatorio  

Come cambia la consulenza secondo il punto di vista degli associati

La consulenza ha l’opportunità di aiutare i clienti a trovare posizionamenti distintivi, è chiamata a rispondere a progetti di trasformazione ‘technology driven’ con competenze end to end con il ruolo di facilitatori verso un network interno ed esterno. La sfida è la svalutazione dei modelli tradizionali che sono diventati una commodity  verso  modelli di partnership e trustable advisor dove la contaminazione e l’interazione tra professionisti diventa centrale.

L’innovazione portata deve essere pragmatica e attenta all’human capital, le persone sono imprescindibili e va inserita formazione e comunicazione, vanno incluse competenze cross industry e funzione.

Un mercato che si è sentito una elite immune da mutamenti mostra la sua vulnerabilità. Le aziende devono sapersi interrogare sulla propria disponibilità ad accettare di cambiare, compito del  consulente aiutare le aziende a strutturare percorsi credibili e sostenibili. Se il cosa fare è la richiesta di sempre, ora si aggiunge il come farlo e il come farlo insieme, la vera sfida non sta nella tecnologia ma nel sostegno al cambiamento di cultura e competenze.

Un ruolo che sempre di più deve investire sul capitale umano al suo interno con competenze multidisciplinari e con modelli collaborativi e interdipendenti, creare laboratori e incubator per sperimentare per un ruolo che evolve come service provider abilitatore e partner del percorso di cambiamento complesso, una funzione che può aiutare la crescita di tutto il sistema paese generando un indotto innovativo con benefici diffusi.

Una parte di consulenza si è già ritagliata velocità e capacità di adeguamento grazie a modelli da piccola boutique reagendo in modo proattivo con una visione diversificata, sviluppano la piena partnership con l’azienda affiancandola in ogni fase focalizzandosi su uno specifico processo. La sfida di questo ruolo è quella di diventare un orchestratore sistemico di variabili sociologiche, tecnologiche, organizzative  che hanno tutte un punto di congiunzione e sfogo: le persone.

Quali sono le caratteristiche di un modello di consulenza positiva?

Se in ogni leader ci fosse un CHO il cambiamento culturale sarebbe possibile, i team sarebbero più efficaci, le persone più felici e ingaggiate.

Prima deve fiorire un CHO in ogni consulente che dovrebbe trasformarsi in partner generativo di trasformazioni positive per rendere indipendenti le organizzazioni nella loro evoluzione.

Il consulente affianca e accompagna l’organizzazione nell’efficace realizzazione del processo secondo le modalità co-progettate verso il to be. Nelle varie fasi è la figura che facilita, supporta e modera le attività dei gruppi di lavoro dell’organizzazione, propone le azioni di miglioramento, accompagna l’integrazione delle proposte e soluzioni, offre informazioni e stimola visioni laterali, sostiene l’organizzazione nella comunicazione e la aiuta a procedere nel viaggio misurando e monitorando i benefici tangibili e intangibili.

I principali motori di ricerca riportano la consulenza ad un mondo prettamente maschile e dedito maggiormente al mondo finanziario. ELEhub vorrebbe portare nel nuovo modello le peculiarità più pure del “femminile”. Come le vorremmo portare? Con le caratteristiche della cura per noi e per l’altro con pazienza e dedizione, passione e tenacia, attente alla bellezza che genera positività Il tutto utilizzando un linguaggio accogliente e inclusivo, attente a sviluppare e sostenere ben-Essere personale e relazionale in tutti i sistemi che abitiamo.

Le fasi del prototipo

  1. Abbiamo condiviso le nostre agende fissando spazi dedicati a noi come sistema organizzativo interno e  come sistema di go to market.
  2. Abbiamo  allineato propositi e valori e definito la corporate strategy di ELEhub inserendo la felicità come elemento portante e come purpose.
  3. Abbiamo approfondito la Scienza del sé  e allineato i nostri comportamenti come leader positivi di  ELEhub.
  4. Abbiamo creato un nome, un logo e un’immagine coerente con i nostri porpositi comuni.
  5. Abbiamo mappato le nostre competenze, esperienze, relazioni  e insieme abbiamo fatto fiorire e rifiorire alcune integrazioni con colleghi esterni e geni positivi.
  6. Abbiamo definito processi e pratiche positive per portare ELEhub all’esterno, per creare opportunità di crescita e di divulgazione.
  7. Abbiamo iniziato a creare spazi di incontro insieme con i clienti per la messa a terra con coerenza del nostro prototipo.
  8. Abbiamo chiesto feedback ai clienti per comprendere come migliorare colloqui conoscitivo e raccolta bisogni.
  9. Abbiamo testato la divulgazione culturale in diversi contesti, durante convegni a cui siamo state invitate a portare la nostra testimonianza attiva.
  10. Oggi  stiamo portando tutte le nostre attività professionali e associative all’interno dell’Hub per creare e sviluppare un ecosistema interdipendente. Monitoriamo con costanza il processo evolutivo.

Come intendete misurare i risultati e il successo del prototipo?

Ci sono due dimensioni sotto osservazione: interna ed esterna ad ELEhub.

Dimensione interna a ELEhub: monitoriamo il nostro benessere personale e relazionale, la chimica positiva, il noi, la coerenza.

Dimensione esterna a ELEhub: abbiamo definito un primo questionario per le organizzazioni incontrate (persone referenti), l’intento è quello di vedere gli effetti della prima messa a terra del nostro allineamento (propositi e valori) e del nostro modello consulenziale positivo (per radicare cosa funziona e migliorare le aree di sviluppo avvertire come disservizio o insostenibili). Per procedere essenziale avere feedback dai nostri contatti, comprendere se hanno percepito la positività per primi in noi partner. Vogliamo che dai primi contatti si percepisca il nostro scopo comune.

Quali ostacoli avete incontrato?

In questa prima fase stiamo facendo i conti con la gestione del tempo, con la routine precedente, con le deviazioni dal percorso, con gli impegni familiari,  la meditazione, la cura di noi stesse,  e il supporto reciproco ci aiuta a mantenere l’attenzione e stare nel flusso.

Nella premessa di portare ai clienti le migliori soluzioni ELEhub, direttamente e indirettamente, abbiamo colto la sfida di creare una rete di professionisti che condivida proposito e valori, evitando che la fretta nella pratica, ci faccia deviare dalla visione nella pratica. La rete dei geni positivi è una prima risorsa ecosostenibile da includere.

La scalabilità del prototipo a società medio grandi è un punto di attenzione ma applicando i principi della sistemica e della scienza delle organizzazioni positive siamo confidenti sulla progressiva possibilità realizzativa. Naturalmente in ottica di miglioramento continuo.

Su quali forze/elementi avete potuto far leva o potete contare per realizzare il prototipo?

Sui nostri valori, abbiamo messo insieme 50 anni di etica e deontologia, di affidabilità e trasparenza, di coerenza e di autenticità, di onestà e senso di responsabilità, di intelligenza emotiva e positività.

Sulle nostre competenze, abbiamo unito 30 anni di passioni, studi, esperienze professionali e associative, reti e relazioni che attraversano ogni contesto organizzativo e ogni funzione aziendale.

Sulle nostre esperienze, abbiamo condiviso, l’apertura alla nostra vulnerabilità con autenticità, il confronto rispetto alle aspettative e alle delusioni, le chiusura dei cicli e il raggiungimento degli obiettivi, le gioie e le soddisfazioni. Storie evolutive di coraggio e resilienza, di grande tenacia e fiducia.

Sull’unione del nostro capitale sociale che abbiamo generato e coccolato con cura negli anni, trasversale alle generazioni e ai sistemi organizzativi per includere anche la diversità della società civile.

Cosa vorreste raccontarci tra un anno?

Vorremmo poter condividere l’effetto positivo eco-sistemico di questo nuovo modello.

Se organizzazioni di co-generazione di consulenza positive (che hanno attivato il percorso e abilitato le 8 competenze all’interno) portassero questa modalità di saper essere e saper fare in modo generativo, verso l’esterno (clienti, partner, associazioni, media…) si creerebbe un impatto coerente tra business e benessere, si aprirebbe il dialogo per includere variabili human oltre che variabili finance in ogni progetto di cambiamento e di consulenza per essere sostenibile.