Intervista a Nunzio Gianfelice
Nunzio Gianfelice è un imprenditore nel campo tech e un socializzatore per passione. Co-founder di Her, un’assistente virtuale che aiuta gli host di case affittate su portali web a gestire i propri appartamenti e a comunicare con i propri ospiti e Chief HR & Happiness Officer per ApuliaSoft srl, una software house che affonda le sue radici nella passione per la tecnologia. Si definisce un esploratore che crede fortemente nelle metodologie AGILE e nelle tecniche di team building che migliorano la felicità aziendale e la produttività della stessa.
Qual è il tuo percorso personale e professionale e da dove deriva questa tua attitudine all’integrazione di dimensioni apparentemente così distanti, come la programmazione informatica (che nell’immaginario collettivo è roba fredda e individuale), le tematiche HR e le metodologie AGILE che hanno presupposti “cooperativi” e relazionali molto spiccati?
Difficile tracciare il filo conduttore esatto che mi ha portato a essere quello che sono oggi, soprattutto perché credo che questo percorso sia iniziato tanto tempo fa. Di certo, parlando un po’ con i miei genitori, la loro descrizione di quando ero molto piccolo fa emergere due dettagli fondamentali per rispondere alla vostra domanda: iperattività e passione per tutto ciò che fosse digitale. In realtà volendo dare una risposta più logica (più da informatico), ho scoperto le metodologie Agile durante il mio percorso lavorativo da sviluppatore freelance e ne ho notato subito le potenzialità.
Ho avuto la possibilità di testare come concetti semplici come “comunicazione”, “ascolto”, “trasparenza”, “condivisione”, “misurazione” riuscissero ad aumentare non solo il “numero di cose giuste fatte” ma anche la “potenza del team”.
In quel momento mi sono posto delle domande. Doveva esserci qualcosa di più del semplice miglioramento organizzativo del team in quella metodologie Agile. Il team diventava “più performante” non solo su quello specifico progetto gestito con metodologie Agile ma in generale, nel lavoro di tutti i giorni. Ho cominciato, pertanto, a ricercare una correlazione tra benessere personale e produttività lavorativa. Mi si è aperto un mondo quando ho scoperto le teorie di Shawn Achor e il movimento del Management 3.0. Lo studio, l’introspezione personale sui rapporti lavorativi e una presentazione fatta durante l’ Agile Day di Bari dal titolo “Felicità e produttività: Come un’azienda felice arriva ad aumentare la propria produttività” hanno fatto il resto.
Il modello dell’Organizzazione Positiva invita il Chief Happiness Officer a rileggere tutti i principali processi di lavoro e organizzativi attraverso i principi della scienza della felicità, ossia: aumentare la chimica positiva e diminuire quella negativa; aumentare il NOI e ridurre l’IO; dare più spazio alle dimensioni dell’Essere piuttosto che dell’avere o del fare. Condividi questa impostazione?
Condivido in pieno questa definizione e in più aggiungo.
Il CHO deve permettere non solo la trasformazione di processi di lavoro e organizzativi esistenti ma deve introdurre la possibilità di poter creare dal basso nuovi processi non per forza già considerati “dall’alto”. Mi spiego meglio.
Se parliamo di potenziale sociale e di chimica positiva allora dobbiamo credere nel fattore umano a qualunque livello. Secondo il mio modestissimo parere, il vero vantaggio di un’organizzazione positiva che lavora bene, è riuscire ad avere un’onda di attivazione di quel fattore umano. Se questo dovesse avvenire, bisogna essere pronti ad accogliere i risultati di questa attivazione, qualunque essi siano. Quello stesso fattore umano che è stato attivato, dovrà avere la possibilità di proporre processi, attività, innovazioni anche non convenzionali. Anche fuori dagli schemi di quella che è l’azienda in quel momento. Perché l’Org + deve essere pronta a cambiare ad ogni nuova persona che entra a far parte di essa, riadattare i propri processi aumentare i propri principi.
Puoi farci degli esempi concreti, per ciascuno dei 3 principi di cui sopra, di attività, strumenti, iniziative, metodologie che hai implementato nel corso della tua esperienza, ideati da te o da altri e che si possono applicare per rileggere i processi di selezione, decisione, delega, valutazione della performance o per le riunioni, gli orari di lavoro.. in chiave di maggior felicità e benessere?
- Retrospettiva aziendale mensile: adattando quella che in SCRUM è chiamata “sprint retrospective” ho inserito un momento, con cadenza mensile, in cui l’azienda discute dell’andamento dei 30 giorni lavorativi precedenti. E’ un’opportunità per analizzare e creare un piano di miglioramento da attuare nel mese successivo. E’ un momento che serve per far emergere delle problematiche comuni e trovare insieme delle strategie di soluzioni. A volte le soluzioni sono semplici e applicabili attraverso l’inserimento di una nuova “regola” decisa in gruppo. Altre volte le soluzioni richiedono un’elaborazione più complessa e il coinvolgimento di attori anche esterni dell’azienda. In quel caso bisogna “avviare un processo” che attraverso dei meeting/brainstorming specifici porti a delle soluzioni da sperimentare e proporre poi al team.
- Buone azioni: ideato da zero e cucito su misura per la realtà in cui lavoro, ho creato questo format per attivare processi di proattività all’interno dell’azienda. Questo gioco (c’è una gara a punti) permette ai membri del team di poter creare e mettere in atto un’azione che porta un vantaggio agli altri e di conseguenza anche a chi l’ha proposta.
- Delegation poker: strumento del management 3.0 che trovo molto interessante perché permette attraverso l’uso di semplici carte di creare una discussione su processi non del tutto chiari all’interno di un’organizzazione. L’output del gioco è invece una chiarezza sul livello di delega che ogni soggetto coinvolto in un processo ha in quel processo. In questa maniera si possono evitare i fraintendimenti dovuti alla non chiarezza della delega data/ottenuta.
- Moving motivators: secondo strumento del management 3.0. Lo utilizzo molto nei momenti di cambiamento in contesti lavorativi. Utilizzato prima di un cambiamento che sta per coinvolgere un team o un’azienda restituisce un ‘sentiment’ che quel cambiamento avrà su ogni persona coinvolta. E’ anche un ottimo strumento di discussione.
- Smart working: non posso prendermi il merito di questa azione nell’azienda dove lavoro come CHO perché al mio ingresso ho trovato una filosofia molto aperta verso questa pratica. Ritengo un passo fondamentale avere la possibilità di fare smart working a tutti i livelli. Lo smart working è uno strumento che deve essere dinamico e basato su un grande valore di responsabilità. Infatti ognuno può effettuare smart working (avvisando il gruppo con al minimo un giorno in anticipo) e auto valutando se la mancanza di presenza fisica in ufficio possa arrecare danno a qualche processo lavorativo. Ognuno è responsabile del proprio lavoro e del proprio obiettivo e deve valutare da solo se il lavorare fuori dall’ufficio porta un ”minus” di qualunque tipo per l’azienda.
Nel 2018 sei stato speaker dell’Agile Day di Bari e Napoli con il talk “Felicità e produttività: Come un’azienda felice arriva ad aumentare la propria produttività”. Quali sono stati i risultati dell’azienda di cui sei Chief Happiness Officer da quando hai assunto questo ruolo?
Devo dire che quando sono arrivato in ApuliaSoft ho trovato una realtà molto dinamica dal punto di vista organizzativo. Sono entrato a far parte di questa realtà da poco più di un anno col ruolo di CHO e forse ho imparato più io da loro che viceversa. E’ un gruppo meraviglioso, fatto di gente che accetta il cambiamento e critica in maniera costruttiva qualunque cosa non gli sia chiara. Nell’ultimo anno sono riuscito ad attivare molti dei processi descritti su di cui vado molto fiero. Ogni mese c’è la retrospettiva aziendale in cui ognuno può esprimere le sue perplessità su qualunque cosa riguardi l’ambiente di lavoro. In questa maniera i dissapori non saranno più nascosti sotto il tappeto ma potranno essere affrontati per tempo. Ogni sei mesi viene organizzato un ritiro aziendale che porta con sé formazione, relax e divertimento. Tutti quanti sono invitati a spogliarsi dei propri ruoli aziendali e a essere quello che sono realmente. Per me è uno dei momenti aziendali più importanti: durante quelle giornate si creano o rafforzano legami tra persone che nei successivi mesi saranno una manna per la “produttività di qualità”. Se dovessi però dire qual è il risultato più importante che ho portato è la “formalizzazione” della proattività.
Ognuno è spinto a creare benessere per gli altri. Se crei benessere per gli altri ottieni “punti”.
Non mi soffermerò sul meccanismo che può essere sicuramente migliorato. Ma l’effetto che si è ottenuto è stato qualcosa di impensabile anche per me. Vengono proposte attività di gruppo dove l’unica regola è “trasmettere del valore” verso gli altri. Pongo una domanda su cui riflettere: e se la felicità fosse un effetto esponenziale?
Jurgen Appelo sta divulgando questo concetto che il management 3.0 – che ha in sostanza alla base le metodologie di lavoro agile – è il management della felicità. Basta dunque dotarsi di piattaforme e strumenti di lavoro agile per portare la felicità in azienda?
Con il Management 3.0, Jurgen Appelo, ha fatto un passo in più alle classiche metodologie AGILE. E’ riuscito a creare un movimento di “facilitatori” che utilizzano i suoi strumenti nei modi più disparati. Il Management 3.0 non fornisce framework da utilizzare ma piuttosto degli attrezzi del mestieri dove ogni facilitatore può decidere come utilizzarli. Altro aspetto fondamentale su cui punta è la condivisione di esperienze tra facilitatori. Tutti sperimentano e chiunque può apprendere dagli errori o successi degli altri facilitatori imparando ad applicare questi “strumenti” in maniera diversa e con finalità diverse.
Quali sono secondo te i punti di attenzione che un Chief Happiness Officer deve tenere in considerazione per garantire il successo di un progetto che riguarda la felicità al lavoro e la costruzione di un’Organizzazione Positiva?
Faccio una premessa.
Il CHO può realizzare un progetto di successo riguardante la felicità al lavoro se e solo se chi può prendere decisioni nell’organizzazione in cui opera vede le potenzialità di creare una Org+ e fa in modo che quello questo cambiamento diventi uno tra i suoi principali obiettivi organizzativi.
Bisogna preparare chi vuole fare un percorso in questa direzione al “cambiamento” che avverrà all’interno della propria realtà. Tra i punti di attenzione sicuramente bisogna tenere a mente in ogni “iniziativa” sempre il concetto di “Job Enrichment”: motivare le persone a contribuire in modo attivo al successo dell’organizzazione rappresenta una delle priorità assolute del management. Le persone si devono sentire coinvolte e devono poter far propri i successi che l’organizzazione raggiunge. Anche i cambiamenti positivi devono essere percepiti come propri. Altro punto su cui porre la propria attenzione quando si lavora come CHO: la metodologia che non è accettata e condivisa dal gruppo verrà respinta perché vista come esterna e calata dall’alto.
Create prima una fiducia verso l’iniziativa che si sta apportando. Parlatene con chi dovrà accettarla, acquisite feedback migliorativi, condividete le finalità.
Qualunque strumento, che si tratti di un framework oppure di una formazione sulle soft skill non sortirà effetti se non sarà accettata in principio da chi dovrà metterci il proprio contributo.
Ultimo consiglio. Non vale solo per i progetti sulla felicità ma in generale per qualunque sfida. Non scoraggiatevi se all’inizio trovate repulsione verso il cambiamento. E’ difficile riuscire a convincere tutti che i cambiamenti che state apportando avranno davvero un riscontro così positivo nella loro vita lavorativa. All’inizio sarà difficile ottenere risultati tangibili, perché in realtà il processo di benessere all’interno di un’organizzazione è un processo incrementale che all’inizio ha una crescita molto lenta, e si alimenta giorno dopo giorno dei risultati ottenuti, che diventano base per continuare a cambiare e crescere.
Quali sono le caratteristiche personali, le attitudini, i valori che secondo te deve avere un Chief Happiness Officer?
Un CHO deve essere sicuramente empatico, caratteristica fondamentale per comprendere alcune dinamiche all’interno di un gruppo. Sicuramente tra le caratteristiche personali ci deve essere quella del “problem solving” e quella del “pensiero laterale” che aiuta ad analizzare le situazioni problematiche che si vengono ( continuamente) a creare, e proporre soluzioni innovative. Inoltre un CHO deve avere fiducia nei mezzi e negli strumenti che utilizza e mette in pratica.
Qual è il tuo purpose, il tuo scopo?
Il mio va nella direzione di concetti come condivisione, aiuto reciproco, spinta del concetto della qualità della vità. Non mi piace avere un piano troppo definito di quella che sarà la mia vita ma cerco di andare sempre nella direzione della qualità della vita e di diffondere questo concetto anche verso gli altri.
Qual è la tua routine della felicità?
Non ho una routine vera e propria.
Mi impegno perché il livello di felicità sia sempre alto, anche perché nel ruolo di CHO o nel ruolo di leader bisogna avere sempre una grande dose di felicità di scorta.
- “Prima di tutto la salute”. Un detto saggio che porta una grande verità in sé. Se non si sta bene con il proprio corpo, difficile esserlo con la mente. Vale chiaramente anche il contrario. E’ un equilibrio fondamentale ed è per questo che oltre a puntare sempre a un’alimentazione sana, faccio sport regolarmente. In particolare nuoto. Nel nuoto il contatto con l’acqua aiuta anche a sprigionare i miei pensieri riflessivi. Con la testa sott’acqua, il tempo sembra essere rallentato e si può entrare in contatto con il proprio io più interiore.
- “Contatto con la natura”. La natura riduce il nostro stress, ci fa essere più creativi e produttivi. Dedico almeno un’ora a settimana di contatto con la natura (principalmente con il mare).
- “Frequentare persone allegre”. Molte volte ho bisogno di una dose di energie positive e per questo ho una lista di persone che chiamo con periodicità per mantenere sempre alta la mia dose di positività che mi viene trasmessa da questi soggetti ‘allegri’.
- “Eliminare il dannoso”. Cerco sempre di fare un’analisi di quali sono le cose che potrebbero incidere sulla mia felicità personale. Una volta individuate, se non ci sono piani B, cerco di eliminarle dalla mia routine in maniera tale che il loro effetto non si propaghi nel tempo.
- “Ordine e lentezza”. Da un pò di tempo sto sperimentando questi due concetti che portano ad aumentare la qualità della vita e di conseguenza la felicità. Non ho una vera e propria azione per questi due valori, ma cerco di applicarli ogni qualvolta riesco anche nelle operazioni più impensabili.
C’è qualcos’altro che vuoi aggiungere?
Credo che il concetto di felicità al lavoro sia un principio che dovrà essere accettato a livello di costituzione e creazione societaria se si vorranno ottenere dei risultati tangibili nella vita di tutti i giorni. Dovrà entrare tra i valori fondanti di qualsiasi organizzazione e tutti dovranno ambire e impegnarsi a rispettare. Il fatto che nel mondo del lavoro siamo arrivati a comprendere che il fattore “felicità” è fondamentale per il successo di un business è solo l’inizio di un’onda che dovrà coinvolgere altri campi. Scuola (a tutti i livelli), gestione dei servizi pubblici, rapporti familiari, sono alcuni dei campi che non possono essere tralasciati in questo percorso.
Finché si guarderà alla felicità come ad un “obiettivo” e non come “al mezzo”, avremo un sistema di vita distorto e deficitario.
Qual è l’apprendimento più importante che hai maturato attraverso il tuo percorso umano e professionale?
La realtà cambia con il tempo. Quindi ciò che può essere vero ora, potrebbe non essere vero tra un anno, sei mesi o tra due giorni. Soprattutto non bisogna convincersi che esiste una sola versione definitiva di realtà, ma che la stessa viene plasmata da noi, dalla nostra visione, dalle nostre credenze e infine dalle nostre azioni. Quindi se qualcosa non ti convince, qualcosa non va, credi che qualcosa debba cambiare… cambia(la). Perché in quel momento il primo passo che dovrai fare per rendere tutto possibile è credere che sia possibile e poi agire.
“Che tu creda di farcela o no, avrai comunque ragione”.
Le Organizzazioni Positive sanno che…
“Il benessere delle persone è il vero valore aziendale da preservare e coltivare.”
– Nunzio Gianfelice –
Tre libri da leggere per approfondire questi temi:
- The Happiness Advantage, Shawn Achor. Non credo serva dire molto su questo libro. Sicuramente è il fondamentale.
- The art of doing twice the work in half the time, Jeff Sutherland. Spiegando SCRUM, un framework AGILE parla del concetto fondamentale del “leader-facilitatore”
- I nuovi condottieri, Paolo Ruggeri. A mio avviso il più importante dei tre, spiega esattamente cosa dovrebbe fare un buon management. Se è consigliato per chi si avvicina al mondo della felicità a lavoro, dovrebbe essere obbligatorio per chi ricopre una posizione di leadership nei confronti di altri.