Intervista a Enrico Carosio
Enrico Carosio è responsabile di CASCO Enterprise, Centro per gli apprendimenti e lo sviluppo delle competenze
Enrico perché la felicità è una “competenza”? Come si fa in letteratura a definire che una determinata dimensione rientra sotto la categoria di “competenza”?
Lo psicologo statunitense David McClelland, considerato il padre dello studio sistematico sulle competenze, nel 1973 aveva già definito con chiarezza l’impianto teorico relativo a ciò che conosciamo e agiamo e il suo perché. Gli studi che si sono susseguiti fino a oggi, in particolare grazie alle neuroscienze, ci consegnano un quadro sempre più articolato e dettagliato nell’acquisizione e nell’esercizio delle competenze ma possiamo affermare che la struttura della competenza resta fedele all’intuizione originale di McClelland.
Conoscere questa struttura ci permette di comprendere perché anche la “felicità e essere felici” risulta essere oggetto di un percorso di acquisizione come una competenza afferente alle aree intrapersonale e interpersonale.
L’immagine della competenza rappresentata nella piramide della figura sotto evidenzia la sua complessità e vede la presenza non solo degli elementi diconoscenza (sapere) e abilità (saper fare), su cui ancora oggi basiamo troppo e purtroppo la valutazione di una persona, ma anche da altri fattori centrali: la personalità (patrimonio genetico o memoria depositata, struttura del carattere, eventuali patologie disfunzionali), le attitudini e, al vertice della piramide, i comportamenti (la modalità con cui agiamo le competenze).
Se l’importanza del sapere e del saper fare rimane centrale, gli studi recenti mettono in evidenza come questi sono fortemente influenzati dagli elementi alla base della piramide.
Le componenti personalità e attitudini sono in stretto rapporto influenzandosi reciprocamente nel determinare le condizioni di base affinché la persona possa acquisire alti livelli di competenza e incidendo notevolmente sullo sviluppo delle cosiddette soft skills (competenze trasversali).
La personalità richiede la necessità di una funzionalità cognitiva e emotiva tale da non inficiare la capacità di comprensione, concentrazione, apprendimento, utilizzo della memoria, motivazione e di decisione. Tale “buon funzionamento” favorisce il processo di acquisizione e di sviluppo delle attitudini che sono determinate, tra gli altri, da fattori complessi quali l’educazione ricevuta, l’ambiente dove si è vissuti e le informazioni o codici culturali (leggi, regolamenti, norme…) che si è introiettati nella costruzione della “personalità”. Questo sistema integrato di sviluppo, unitamente alle conoscenze e alle abilità, definisce infine la modalità comportamentale con cui esercitiamo la competenza (es. professionale ma aggressivo, alta competenza tecnica ma poco ascolto e così via). Lo studio sulle competenze ha permesso di categorizzarne un numero assai vasto e molte di queste possono essere definite come una sorta di “scaffolding, impalcatura interna” che sostiene una propensione a “scegliere di essere felici”. Tra le più importanti ricordiamo:
- Competenze relazionali interpersonali: accoglienza e cordialità; fiducia e apertura; gestione del conflitto e affinità; atteggiamento non giudicante; credito all’altro; correttezza; empatia; osservazione positiva esterna; ricerca della profondità.
- Competenze intrapersonali: motivazione; autonomia; equilibrio; pacatezza; serenità; mitezza; sospensione del giudizio; osservazione positiva interna; coerenza; tensione ideale e valoriale; concretezza; autocontrollo; audacia; calma; serenità; distanziamento.
- Competenze comunicative: assertività; ascolto; rispecchiamento; feedback.
Nel leggere questo elenco ci risulta naturale richiamare i vissuti quotidiani;
Le organizzazioni positive sanno che…
“Se possediamo un sufficiente grado di qualità percepita nell’esercizio e nella gestione di queste attitudini (e quindi delle competenze), possiamo affermare che la loro integrazione determina un soddisfacente stato di “felicità costante”.”
– Enrico Carosio –
Ne scopriamo l’utilità e quindi ricerchiamo e esercitiamo, intenzionalmente e stabilmente, un “modo di essere” che attiva il benessere personale attraverso un equilibrio emotivo-cognitivo che determina quel senso di pienezza nelle relazioni e nei risultati che rincorriamo con grande forza e determinazione nella nostra vita.
Bibliografia essenziale
- L.Guasti, Didattica per competenze, Erickson, 2015
- M. Tucciarelli, Coaching e sviluppo delle soft skills, Editrice LA SCUOLA, 2015
- M.H. Immordino Yang, Neuroscienze affettive e educazione, Raffaello Cortina Editore 2017
- D.C. McClelland, Testing for competence rather than for “intelligence”, American Psycologist vol. 28, 1973
- C. Rogers, Un modo di essere, Giunti ed. 2012